Le migliori proposte dal territorio
L’introduzione di una guida dedicata al vino dovrebbe essere quanto di più distante esista dall’attualità politica. Ma se è vero che il vino, al pari di altri fenomeni sociali di massa (dalla musica alla televisione, passando naturalmente per il calcio), rispecchia un determinato momento storico e lo spirito del tempo, non possiamo esimerci dal tenere d’occhio ciò che sta accadendo nel resto del mondo. Dunque rileviamo come oggi sia premiata a tutti i livelli l’espressione diretta del proprio pensiero, senza la mediazione dei cosiddetti corpi intermedi, che per anni hanno costruito l’ossatura delle democrazie occidentali.
Il vino non è esente da questa tendenza generale: basta navigare in rete per dieci minuti per essere investiti da un numero spropositato di discussioni che costellano il nostro piccolo mondo, dibattiti aperti su qualsiasi fase di coltivazione dell’uva prima, e di produzione del vino poi. Ogni dettaglio, anche il più piccolo, finisce sotto la lente d’ingrandimento di appassionati più o meno preparati. Se per noi che abbiamo fatto della critica enologica una professione districarci in questo labirinto è già molto complicato, ci immaginiamo cosa possa accadere al neofita o al semplice appassionato che ha voglia di approfondire, ma non ha dieci ore al giorno di tempo per farlo. Temiamo che in questo contesto alla fine vinca chi urla più forte, chi afferma le teorie più accattivanti, parlando alla pancia, pardon alla gola, del lettore. Ed ecco allora che fino a quindici anni fa tutti i vini dovevano avere una chiara impostazione enologica, con affinamenti in barrique, “ciccia e muscoli”, estratti secchi da primato e così via. Ora è tutto il contrario, se non si usano i lieviti indigeni e le fermentazioni spontanee si è nemici del popolo, se il colore di un rosso è solo un po’ più accentuato di un ravanello pallido il produttore si merita la ghigliottina, e poi tanta acidità, sale, etc.
L’anfora “is the new barrique”, insomma un cocciopesto non si nega più a nessuno. Un cambiamento epocale che ha sconvolto appassionati, esperti e alla fine anche i produttori, che, magari non troppo convinti dei propri mezzi e delle proprie idee, si fanno attirare dalle mode, come d’altra parte accadde all’inizio degli anni Novanta. L’unico antidoto per farsi una propria solida opinione è diventare dei nerd, ovvero trasformare la passione in ricerca costante, per penetrare nei vari risvolti della materia e padroneggiare così gli argomenti con assoluta competenza. Certo, costa fatica e impegno: bisogna leggere un bel po’ di libri e confrontare le opinioni degli esperti di agronomia, entomologia, ampelografia, geologia, enologia e così via. In più è necessario anche farsi una solida esperienza sul campo, visitando quante più aziende possibili per confrontare le varie tecniche adottate dai vignaioli. Così come essere aperti mentalmente durante le degustazioni, che se fatte alla cieca aiutano nella laicità dei giudizi e talvolta sovvertono idee preconcette.
Chi fa il nostro mestiere e scrive una guida dovrebbe proprio svolgere una funzione di supporto, di spunto per approfondire un argomento piuttosto che un altro, aiutando a scoprire un territorio per volta, per confrontarsi con una denominazione o con un vitigno in particolare. Ci piace pensare che Slow Wine possa essere un mezzo per interpretare il momento storico che viviamo, il famoso corpo intermedio di cui sopra così tanto in crisi nel mondo contemporaneo, una sorta di mediatore culturale tra le varie istanze che travolgono il vino propinando una verità piuttosto che un’altra.
Vorremmo essere un astrolabio per andare oltre le colonne d’Ercole. In fondo Ulisse, che non per niente secondo Omero navigava “su un mare color del vino verso genti straniere”, lo sapeva bene, quando nell’Inferno dantesco ammonì la propria ciurma con le immortali parole “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Ecco, forse le fiamme dell’inferno ci attendono, ma noi facciamo comunque vela, tenaci, verso il nostro ineluttabile destino.
Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni
Ecco a voi le 15 nuove Chiocciole, 9 non sono state confermate, per un totale di 201 cantine su un totale di 1957 recensite. Un riconoscimento molto selettivo!
Cascina Fontana (Piemonte)
Cascina Fornace (Piemonte)
Fay (Lombardia)
Garlider (Alto Adige)
Weingut In Der Eben (Alto Adige)
Filippi (Veneto)
Speri (Veneto)
Movia (Slovenia)
La Tosa (Emilia Romagna)
Marta Valpiani (Emilia Romagna)
Monte Bernardi (Toscana)
Podere della Civettaja (Toscana)
Agnanum – Raffaele Moccia (Campania)
Bonavita (Sicilia)
Calcagno (Sicilia)